La soia (Glycine max) è una pianta erbacea, appartenente alle leguminose che ha avuto molto interesse da parte dell’opinione pubblica a partire dagli anni ottanta.
Nel corso del tempo, alla soia sono stati attribuiti numerosi effetti benefici come ad esempio la capacità di ridurre il colesterolo, di diminuire la pressione sanguigna, aiutare la perdita di peso, protegge dal cancro al seno… quanto c’è di vero?
L’effetto più dibattuto è il meccanismo d’azione degli isoflavoni, i cumestani e i lignani, classi di fitoestrogeni.
Molti studi indicano questi composti come protettivi in alcune forme tumorali, tuttavia l’effetto protettivo sembra essere determinato dalla capacità della flora batterica intestinale di utilizzarli: è stato stimato che solo una bassa percentuale di popolazione sia in grado di digerirli e trasformarli in equolo, cioè il metabolita dotato di attività anti-tumorale.
Perché è importante sapere questo?
Perché tutti sappiamo che questa leguminosa, viene molto utilizzata nei paesi asiatici, soprattutto per ottenere delle bevande a base di soia che sono molto differenti dal punto di vista nutrizionale rispetto alle bevande che noi troviamo in commercio. Inoltre è bene sapere che le donne asiatiche sono più in grado di utilizzare e ottenere i metaboliti come l’equolo.
Gli isoflavoni stessi, si trovano in forma glicosilata e per questo devono essere attivati dal nostro corpo ma sembra siano degli interferenti endocrini, ovvero possono influenzare la funzionalità della ghiandola e quindi il suo consumo deve essere ridotto soprattutto in coloro che hanno ricevuto diagnosi di ipotiroidismo, ipertiroidismo, tiroidite di Hashimoto e morbo di Graves.
In che modo questo è possibile? Gli isoflavoni determinano una ridotta sintesi degli ormoni tiroidei ma ti dirò di più, nei soggetti vegetariani si ha un aumentato fabbisogno di iodio a causa del consumo di soia. La quantità di isoflavoni necessari a determinare una disregolazione è di circa 33 mg al giorno, contenuto in circa 30 g di soia al giorno.
Oltre agli isoflavoni, la soia contiene degli antinutrienti, ovvero delle sostanze in grado di interferire con la corretta digestione o assorbimento dei nutrienti.
I fattori antinutrienti sono presenti anche in altri legumi ma nella soia c’è una maggiore concentrazione di queste sostanze.
Fra i fattori antinutrienti ci sono:
- gli inibitori della tripsina, che fungono da ostacolo per l’attivazione del tripsinogeno, enzima che serve per digerire le proteine, con la cottura si ha una inattivazione parziale ma la fermentazione (miso, natto, tempeh) determina una disattivazione completa;
- le proteine della soia che contrariamente a quanto si crede non hanno un buon valore biologico cioè non forniscono tutta la gamma di aminoacidi essenziali;
- lectine e saponine sostanze da evitare in caso di patologie autoimmuni in quanto contribuiscono ad esacerbare la sindrome nota come leaky gut;
- fitati e ossalati sostanze che rendono più difficile l’assorbimento di vitamine e sali minerali;
- galattani ovvero oligosaccaridi da evitare soprattutto per chi soffre della sindrome del colon irritabile (non a caso si sospendono in caso di protocollo dietetico LOW FODMAPS). Per allontanare tali fattori è bene utilizzare un lungo ammollo o una fermentazione.